Shu'fat.
Fino a due settimane fa non avevo idea di chi o cosa fosse. Poi ho scoperto essere un campo profughi a Gerusalemme Sud. Si, là dove sganciano bombe e missili. Quelli che si vedono sempre al telegiornale.
Non sapevo neppure che "Al Zuhur" in arabo significasse "Fiore" e che fosse un centro educativo rivolto non solo ai bambini ma anche di adolescenti ed adulti, un luogo la cui specificità risiede esattamente nel rappresentare un'isola felice all'interno della realtà deteriorata del campo profughi. Non sapevo che il centro servisse sostanzialmente a recuperare relazioni e a tesserne di nuove, in maniera da permettere alle persone che lo frequentano di vivere fuori dalle tensioni interne al campo e, soprattutto per le donne e i bambini, nel quale trovano uno spazio libero.
E non sapevo neppure che Peace Games, insieme ai Comuni di Terred'Acqua, sostenesse un progetto di cooperazione e sostegno del centro stesso (Il diritto di giocare in pace), puntando proprio sull'educazione del bambino per aiutare l'intera comunità del campo profughi.
Ora lo so, ma non è questo che mi ha colpito maggiormente.
Sarò forse troppo sensibile, ma durante i 10 giorni che la Direttrice del centro e due sue operatrici hanno soggiornato qui in Italia, ho potuto incontrarle diverse volte e in diverse occasioni tanto che ormai ho imparato a memoria com'è organizzato il centro, com'è la struttura e cosa fanno. Ma non sono state tanto le parole, quello che è stato detto a colpirmi. E' stato il modo, la calma, la pazienza, un'assoluta determinazione a fare, a ricreare ciò che noi abbiamo la fortuna di avere qui, nel loro campo.
E' stato strano poter parlare, poter vedere qualcuno che, nonostante abiti in un campo profughi di 1Km2 per una popolazione totale di circa 25.000 abitanti, in una situazione decisamente poco pacifica, abbia la forza e la voglia di fare, di creare, di non lasciarsi andare a tutto ciò che inevitabilmente accade.
Loro sono venute qui per imparare da noi, ma in fondo siamo stati anche noi ad imparare, com'è giusto che sia. Ed è questo che mi hanno lasciato. Anche un po' di amarezza.
E ora sono forse un po' più arrabbiata, un po' più vergognosa, un po' più consapevole e determinata.
Annalisa Guidi
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